Da un mesetto sono diventato Eataliano. Nel senso che sono andato a lavorare da Eataly: una grande soddisfazione, della quale vado orgoglioso, raggiunta dopo una dura selezione superata per merito mio, ma anche per merito del posto nel quale ho lavorato per cinque anni.
Invece l’italiano, quello vero e scritto in particolare, è stato lo strumento sul quale ho lavorato di più per crescere in questi anni (anche se, a dirla tutta, come mi ha detto Luca fin dal primo giorno il modello ambizioso di The Van – l’Economist – è British!). A proposito, sembra passata un’eternità da quando Robi alla fine del mio primo stage estivo nel 2010 mi regalò Lezioni semiserie di italiano di Beppe Severgnini: un regalo per salutarci, senza sapere che un mese più tardi sarebbero cominciati altri cinque anni di lavoro insieme, oltre che di amicizia.
Avevo 23 anni (la metà esatta degli anni di Luca, cosa che lui non mi ha mai perdonato!) quando sono entrato a tempo pieno in Pub dopo la tesi di laurea su questa mia esperienza lavorativa: una scelta, quest’ultima, che mi è costata cara nel corso degli anni, dato che quando c’era da rifilare una “sola” a qualcuno andava sempre di moda la frase “può occuparsene Pietro, che ha fatto la tesi su…”. Frase che si concludeva di volta in volta con i temi più disparati: biodiesel, mutui con cap, derivati, collezioni donna primavera/estate, sezionatori passamuro, ecc.
Alla tesi sono seguiti poi 4 anni di “palestra”, fatti di tante esperienze e attività diverse. «Ma come mai avete scelto proprio me?», ho chiesto alla mia nuova collega Laura durante il mio primo giorno di lavoro in Eataly. «Perché rispetto agli altri editor “puri” avevi un profilo più completo e un’esperienza più varia, che spaziava dalla relazione con il cliente alla gestione autonoma dei progetti». Quindi mi sono reso conto che in realtà, aggiungendo queste competenze al mio bagaglio un po’ alla volta, avevo già cambiato lavoro diverse volte negli anni scorsi, pur rimanendo sempre nella stessa azienda.
Una palestra utile soprattutto per uno che, nonostante i 27 anni, in questi anni ha collezionato ben più infortuni dei colleghi più vecchi: tipo Valeria, con la quale ci davamo del “bambino” e della “anziana” in continuazione. Da infortunato, tra l’altro, non avrei saputo come raggiungere l’agenzia senza i passaggi provvidenziali di Steven all’area di servizio di Cantalupa. Luca, scherzando, dice che ho fatto come Antonio Cassano con il Milan: dopo essere stato curato ed essermi ripreso dalla riabilitazione al ginocchio, ho salutato.
Adesso Eataly, quindi. Proprio quando Filippo dopo anni di scongiuri mi aveva accontentato comprandomi un canestro da ufficio! Continuerò a occuparmi di contenuti, in particolare per i siti italiani e internazionali e per i social, non più in agenzia ma in una grande azienda. Una di quelle aziende “di livello altissimo”, come direbbe il sempre entusiasta Danilo, che abbiamo citato più volte come eccellenza italiana nelle interminabili tornate di proposte di argomenti con Robi e Alessio. E che abbiamo citato spesso anche da appassionati con Gaia e Andrea (loro lo erano già, io lo sono diventato).
Mi mancheranno e mi mancano già le persone e alcune abitudini, dalle pause pranzo dal rosticcere di fiducia con Enrico (per tutti Quez) in prima fila, al lunedì mattina con gli sfottò calcistici, quasi sempre da parte di noi juventini, e il progress settimanale (da questo punto di vista mi è andata peggio: ora ho un mini-progress quotidiano), fino alle telefonate tra Francy e i suoi amici dei call center (nel nuovo ufficio non abbiamo i telefoni fissi!). Sono molto contento di aver cominciato questa nuova avventura, e non lo nego, ma sono anche felice per come si è conclusa la precedente. Tutte le persone con le quali ho parlato, a cominciare chiaramente da Luca, hanno capito subito che si trattava di una bella occasione per me e il rapporto lavorativo si è concluso del migliore dei modi. E mi ha fatto molto piacere percepire una felicità sincera anche da parte delle persone alle quali ero meno vicino per questioni di età, come Sonia e Lisa, o che conoscevo da meno tempo, come Tiziana, Gulli e Paolo. Sembra che anche il nostro addetto alla sicurezza, il cane Giorgio, sia venuto a cercarmi alla mia postazione e si sia dimostrato dispiaciuto per la mia dipartita. Evidentemente, per fortuna, ho lasciato un buon ricordo nelle persone con cui ho lavorato. Stessa cosa che The Van ha fatto con me. Per questo continuerò a sponsorizzarla e a seguirla con affetto, perché – dicono – il primo amore non si scorda mai.
Arrivederci,
Pietro